sabato 3 agosto 2013

Metamorfosi di una monarchia - Articolo



Metamorfosi di una monarchia

Principi si nasce, e Baby George modestamente lo nacque
Inghilterra in estasi. Come rendere indimenticabile un erede al trono e la sua famiglia

di Annalena Benini 
29 luglio 2013

Ancora una volta Kate Middleton ha fatto “la cosa impeccabile”, ha commentato Tina Brown (biografa assoluta di Lady Diana, scopritrice di tormenti, segreti e meraviglie della Casa reale inglese). La cosa impeccabile è avere dato all’Inghilterra un principe. Un maschio quindi, a dispetto della modernità, del femminismo e del mondo nuovo. Anche se tutti dicevano che sarebbe stato magnifico se fosse nata una piccola principessa, da chiamare Diana, magari come terzo nome per non fare arrabbiare troppo la regina, una bambina che verso il 2070 sarebbe potuta salire al trono, dopo il padre, una bambina in cui si sarebbe cercato il sorriso di Diana, trovandovi invece magari quello più determinato dell’altra nonna, Carole Middleton, anche se sarebbe stata comunque una festa, la verità profonda, magari sgradevole, reazionaria, ma sincera, è che tutti volevano che fosse un maschio. Volevano proprio il principe George. Per chiudere il cerchio, per tornare da dove avevano cominciato, più di trent’anni fa, quando una ragazza bionda girava in tondo su una bicicletta prestata suonando il campanello e cantando: “Sposerò il principe di Galles domani!”.


E davvero Diana aveva creduto, almeno all’inizio, a quella favola, e quando al St Mary’s Hospital, il 21 giugno 1982, a Londra, nacque il principe William, la vita di Diana si compì e sembrò bellissima (anche se poi confessò al suo valletto che la nascita di William era stata indotta in anticipo per adeguarsi al calendario delle gare di polo di Carlo): tre decenni dopo, il destino finalmente si è completato. In un modo del tutto diverso, dove la differenza sostanziale è data dall’amore. William ama Kate come Carlo non riuscì mai ad amare Diana, William ama Kate come Diana gli ha insegnato a fare, quando lo teneva fra le braccia, bambino, quando gli scompigliava i capelli e quando gli confidava le sue pene d’amore (William fu il più stretto confidente di sua madre, lei lo gravò di molti segreti e gli fece perfino esaminare i termini di divorzio prima di accettarli). Diana volle che Carlo entrasse in sala parto, in un altro tentativo di farlo innamorare della loro famiglia, Diana voleva sovvertire i modelli del passato e occuparsi dei propri figli, abbracciarli, sbaciucchiarli, evitare lugubri bambinaie di famiglia, evitare i saluti formali, la tristezza di quei periodi solitari in campagna, il divieto di piangere anche se muore il cagnolino da caccia adorato. Diana voleva un mondo a forma di cuore, in cui lei potesse risplendere di felicità, e William un giorno, dopo il divorzio da Carlo, glielo promise. “Non preoccuparti mamma – le disse il ragazzo quando venne a sapere che Diana non era più sua Altezza Reale – Un giorno, quando diventerò re, ti restituirò il tuo titolo”. Non ce n’è stato il tempo, ma quella frase significava molto di più. Ti restituirò la vita sognata, ti restituirò la favola dell’amore, ti restituirò una bella famiglia. Adesso William l’ha fatto: è uscito dal St.Mary’s Hospital in maniche di camicia, non ingessato come il padre che anche a trent’anni indossava solo rigidi abiti da cerimonia, ed è uscito raggiante di felicità, non distaccato e freddo come Carlo: nelle foto di allora, Carlo e Diana potrebbero essere due fotomontaggi uniti per formare un’unica immagine, tanta era la distanza, la differenza fra i due.

Solo i pois, adesso, sono gli stessi. I pois del vestito ancora premaman con cui la radiosa Kate è uscita dall’ospedale con il suo piccolo principe in braccio, per niente spaventata, per niente scossa, per niente preoccupata di mostrare la sua pancia post parto, quella che hanno tutte le donne del mondo ma che si ritiene le celebrità debbano nascondere, ingoiare, stringere sotto scudi elastici. Kate Middleton, la ragazza che ha preso il posto di Diana nel cuore di William, aveva quel vestito a pois, apparentemente ingenuo, sbagliato perfino (perché indossare un abito premaman se hai partorito da ventisei ore, se la tua pancia è vuota?), ma evocativo. Del giorno in cui era nato William, e della volontà di cambiare la storia. Non vedete, sembrava dire con quel sorriso, con quei mille sorrisi che sembravano sempre sul punto di sciogliersi in una risata, come è tutto diverso adesso? Non vedete quanto siamo innamorati? E io non ruberò la scena a William, come faceva Diana con Carlo, non ne avrò bisogno perché in questo matrimonio siamo in due, non in tre, e adesso c’è questo piccolo principe con noi. E William mette l’ovetto nero in macchina, e prima dice che per fortuna il bambino assomiglia a Kate. Trentun anni fa, anche la regina Elisabetta disse qualcosa del genere guardando William per la prima volta: “Grazie al cielo non ha le orecchie di suo padre”. Un po’ di humour inglese, come quando Elisabetta disse che sperava che il bambino nascesse in fretta perché doveva andare in vacanza, e di nuovo l’assenza, questa volta anche fisica, del principe Carlo, arrivato in ritardo da New York, con Camilla. Al suo posto, Carole Middleton e marito, i nuovi nonni: raggianti, protagonisti, concreti, con già pronta la residenza estiva del piccolo principe, la nursery nella tenuta di campagna da cinque milioni di sterline, da dove Pippa Middleton, la sorella ancora da sistemare, manda entusiastici tweet d’amore per il nipotino, e lei e William si retwittano l’un l’altro la foto della manina di George. Pazzi di gioia. Di giovinezza e di certezze. Questa volta andrà bene. Scriveva Tina Brown, che aveva incontrato Diana già nel 1981, quando era una sposa novella con le guance morbide e rosate, che guardandola negli occhi la si poteva intravedere là dentro, da qualche parte, che gridava. Kate là dentro grida, ma compostamente, come le hanno insegnato nelle migliori scuole: ce l’abbiamo fatta. E i Windsor gridano con lei, anche nel loro regno imbalsamato. Mentre il mondo non può che andare in estasi per questa coppia che si guarda negli occhi, che ride di gusto, che sembra avere sempre mille cose da raccontarsi, lontano dalle telecamere e dai vecchi pomposi della Casa reale (si potevano immaginare Carlo e Diana sul divano a guardare un film abbracciati? Carlo andava a caccia, Diana piangeva e gli tirava dietro le pantofole, poi correva a svuotare il frigorifero, oppure Diana entrava in bagno e sentiva Carlo che parlava al telefono, credendo di essere protetto dallo scroscio della doccia: “Qualunque cosa accada, non smetterò mai di amarti”).

“E’ un’emozione molto speciale, che credo abbiano provato tutti i genitori”, ha detto Kate Middleton alla folla festante che sventolava bandierine inglesi, striscioni con scritto: benvenuto piccolo principe, l’ha detto alle persone che stavano lì accampate da giorni per poter vedere la duchessa con il suo bambino e il principe finalmente felice, l’ha detto alla famiglia Reale, a Carlo che era assente, ai suoi genitori che la salveranno dal pericolo dell’imprinting da gelida etichetta reale su un neonato innocente (c’è una foto di Carlo bambino che lo mostra mentre porge un saluto formale alla madre, la regina, al suo ritorno da un viaggio di sei mesi nel Commonwealth). Kate non verrà ricordata per le battute fulminanti, per la brillantezza, e non ha la capacità mediatica che aveva Lady D di fare centro a ogni sorriso, di irradiare quella speciale luce da attrazione fatale verso la macchina fotografica: Diana sentiva a chilometri di distanza un obiettivo e ogni volta si metteva nella giusta posizione, era la regista della propria mise en scène, come ha scritto Tina Brown, e l’unico al mondo che poté resistere al suo immenso potere seduttivo, e che anzi alzò muri di Berlino per proteggersi da lei e dalla sua vitalità, era suo marito Carlo, il padre dei principi, l’uomo che non riusciva ad amarla e che voleva che Harry fosse una bambina, come nella tradizione Windsor (“Ha persino i capelli rossi!”, pare abbia esclamato Carlo, contrariato, quando dopo nove ore di travaglio Harry nacque, sempre al St. Mary’s, nel 1985 – Diana lo sapeva fin dall’amniocentesi, ma non disse nulla al marito, e si convinse poi che la mancata femminuccia avesse sprofondato il matrimonio in una crisi ancora più profonda). Kate, diversamente da Diana, prima di sedurre il mondo ha sedotto William. Prima di diventare, negli anni da studentessa, Waity Katie, Katie che aspetta il suo principe, l’aveva già fatto innamorare, gli aveva fatto intravedere la possibilità concreta di una famiglia felice, con i bambini fra le braccia, con dei nonni affettuosi e pazzi di gioia (la madre di Diana, cioè la nonna di William, era piuttosto alcolizzata, preda degli uomini e detestata da Diana, e l’altra nonna è una regina, molto ironica ma molto distaccata, una specie di generale dell’esercito, più che una vice madre commossa).

Quando, dopo la nascita di George Alexander Louis (nome tradizionale per fare contenti tutti), i signori Middleton sono andati in clinica a salutare il nipote, Carole aveva stampato in faccia il sorriso della vittoria: non più un sorriso nervoso, guardingo, a dieta, lanciato verso i nuovi gradini da scalare per arrivare in cima al monte delle sue aspettative, ma un sorriso disteso, perfino aristocratico: adesso la ex hostess rampicante non è più soltanto la madre della sposa, adesso è la nonna del principe George, adesso il sangue commoner e ottimista si è unito per sempre a quello blu, finora circondato di tetraggine, e dentro quel sangue loro potranno portare la forza concreta e meritata dei loro palloncini e cappellini di carta per le feste (l’avventura imprenditoriale, cominciata sul tavolo della cucina, che ha reso i Middleton ricchi in un modo sfacciato) e il potere sovversivo di quella società femminile e un po’ frivola, fatta di chiacchiere fra ragazze (Carole, Kate, Pippa) e di risate segrete e carezzevoli. William è felice dentro a questo cerchio magico, felice come quando passava i weekend con la madre in campagna e si divertivano a rincorrersi in bicicletta e ad ascoltare la musica degli Who!, o come quando William suggerì a Diana di mettere all’asta per beneficenza i suoi vecchi abiti da principessa a New York. Diana, grazie all’idea di William, si liberò dei ruderi della vita passata, di quando era moglie di un Windsor e non la principessa di cuori (qualcuno ricorda l’abito blu notte con cui Diana ballò con John Travolta alla Casa Bianca? Fu comprato da un anonimo per 222.500 sterline). Kate forse non sarebbe così magnifica nel ballare con John Travolta (anche se per conquistare William fu capace di sfilare con un abito completamente trasparente e anche di sfrecciare in pattini a rotelle e hot pants), Kate non è indimenticabile, ma loro due insieme, e adesso loro tre, Kate, William e George, lo stanno diventando.

Sono una famiglia, sono quello che Diana ha cercato per tutta la vita, sono quello che William ha avuto soltanto a metà, e sono quello che Kate ha sempre avuto, invece, per dono di nascita. Loro hanno polvere di stelle negli occhi, lei nel cuore. Loro hanno quella resistenza da sangue reale addestrato alle intemperie (sono abituati a stare in piedi tutto il giorno a stringere mani, sotto il sole cocente o sotto la pioggia battente, senza mai tradire malessere, sono abituati a riprendere in pochi secondi il controllo di un cavallo imbizzarrito, sono abituati a farsi intervistare e a sembrare affabili e disinvolti senza dire mai davvero nulla di nulla, e la regina madre, a ottantadue anni, poteva nello stesso giorno partecipare a un pic nic, stare in piedi nell’acqua gelida a pescare tutto il pomeriggio e ospitare una cena di gala fino a mezzanotte come se niente fosse, tenere un discorso in perfetto francese ai veterani dello sbarco in Normandia), Kate Middleton ha la determinazione insegnatale dalla madre e l’innamoramento appassionato ma composto per l’immagine di loro tre insieme. Come se non avesse sognato mai niente di diverso in tutta la vita. Come se fosse quello il suo posto, da sempre, con la consapevolezza però di dovere dire grazie a Diana, per avere aperto il cuore di William, invece di metterlo sottochiave e ricoprirlo di battute di caccia, di inchini e di storia militare. Diana soffriva quando i suoi figli passavano l’estate a Balmoral, la residenza di campagna immersa nella nebbia e nella brughiera, il posto che lei più odiava al mondo e dove si era sentita più sola che mai, ma sapeva che William e Harry invece lo adoravano. “Fanno tutte queste cose da maschi, come sparare e uccidere”, sospirava, “e poi lì c’è quella meravigliosa pista da go-kart”.

Adesso sarà diverso. George Alexander Louis farà tutte quelle cose da maschi, anche, come sparare e uccidere, e restare in piedi dentro l’acqua gelida a pescare, e imitare di nascosto la rude equinità della nonnastra Camilla, ma protetto da qualcosa che William non aveva mai conosciuto prima, o forse ne aveva goduto solo per pochi magici momenti: l’amore e la fiducia che i suoi genitori provano l’uno per l’altro, che li attraversa come una corrente. La magnifica certezza che, dopo ogni incontro pubblico portato a termine in modo impeccabile, Kate e William torneranno a essere i compagni di appartamento all’università, e commenteranno le avventure di Pippa, le mattane di Harry, le paroline nuove di George. Proprio come succede a tutti. Kate ha portato per sempre, con l’approvazione di Diana, il significato della parola “tutti” nella vita del piccolo principe e anche della famiglia Windsor, che ne ha un gran bisogno.

Tratto da : www.ilfoglio.it/


Osservazione personale…

Al di la della pesantissima ed infinita retorica della giornalista Sig.ra Annalena Benini , che vuole o deve far apparire questa famigliola più normale delle famigliole normali, quando sappiamo benissimo che “normale” non è e non può esserlo… altrimenti il suo ruolo e il significato stesso della parola “monarchia” non avrebbe su questo pianeta più nessun significato, dall’articolo traspare il messaggio (neanche troppo nascosto) che, la monarchia di generazione in generazione  si evolve secondo i canoni del tempo che vive!
Se in Inghilterra questa evoluzione è portata avanti dalla coppia William e Kate, in Belgio e Olanda una ventata di novità è rappresentata dai nuovissimi sovrani che hanno preso il posto degli abdicatari Beatrice e Alberto. Addirittura in Vaticano, Papa Francesco, succeduto anticipatamente per volere esplicito di Benedetto XVI, ci fa capire quanto sia facile per una monarchia tenersi al passo con i tempi e allo stesso modo, dimostra al contrario quali difficoltà hanno le Istituzioni rette da repubbliche e/o oligarchie e lobbyes politiche ad attuare gli stessi. Occorre necessariamente rivedere la concezione stessa del pensiero che viene “insegnato” nelle nostre scuole, per comprendere e apprezzarne la differenza. Il confronto con la nostra repubblica fossilizzatasi sul Senatore Napolitano poi, resta addirittura incomprensibile …“fuori concorso” !!!