«Tornino le salme dei sovrani. E magari anche la monarchia»
Intervista a SAR il Principe Amedeo di Savoia Duca d’Aosta
di Carlantonio Solimene (fonte “Il Tempo”)
Amedeo di Savoia: «Tornino le salme dei sovrani. E magari
anche la monarchia»
Il Duca d’Aosta fa suo l’appello di tanti monarchici per un
gesto di «pacificazione» nazionale
Politica
«I fatti di Napoli
hanno confermato quello che penso da sempre: la funzione della monarchia è
quella di garantire l’unità nazionale e mai come in questo momento in Italia ce
n’è grande necessità».
Nel giorno in cui il segretario della Lega Matteo Salvini
viene «cacciato» da Napoli da manifestanti che espongono bandiere borboniche,
Amedeo di Savoia, quinto Duca d’Aosta, sembra rimpiangere i tempi in cui la
figura del Re rappresentava il minimo comun denominatore per il popolo
italiano. E mentre il governo Renzi valuta modi e opportunità di un ritorno
delle salme dei Savoia sul suolo patrio, fa suo l’appello di tanti monarchici
per un gesto di «pacificazione» nazionale.
Amedeo di Savoia, è arrivato il momento di far rientrare in
Italia le spoglie dei sovrani?
«È un diritto dei defunti ma è soprattutto un dovere del
governo. Anche se avvenisse domani mattina sarebbe comunque tardi. Troppi anni
sono passati, basterebbe pensare a quanto successo con Re Faruq, morto a Roma
ma subito tumulato nel suo Egitto, o con la Regina Federica, morta a Madrid ma
poi sepolta in Grecia. Dobbiamo accettare che Atene e Il Cairo siano più
democratiche di Roma?».
Come si spiega l’eccezione italiana?
«Sono state date tante di quelle ragioni che ormai, ogni
volta che se ne parla, si dimentica quella precedente. Il fascismo, le leggi
razziali… Ma la monarchia non ha avuto solo aspetti negativi. E non mi pare che
i Papi cattivi li abbiano gettati nel Tevere. Magari c’è anche altro…».
Cosa?
«Non so, penso che fino a che è stato in vita l’ultimo
costituente, forse si è voluto impedire il ritorno dei Savoia in Italia per
paura. Come se ci fosse ancora la coscienza sporca per quanto avvenuto con il
Referendum istituzionale».
Accettereste una soluzione di compromesso come una sepoltura
a Superga?
«Le salme dei Savoia vanno tumulate al Pantheon. La storia è
la storia, non mi piacque Ciampi quando disse che tra monarchia e Repubblica
c’era stata un cesura: fu poco corretto e poco cristiano. La continuità tra
monarchia e Repubblica andrebbe ripristinata anche per avere una storia unita
dell’Italia, che non vada studiata su due libri differenti».
Non crede che i Savoia, da questo punto di vista, debbano
rimproverarsi qualcosa? In passato non sono sembrati così convinti nel
riconoscere la Repubblica…
«Riconoscere o meno non c’entra nulla, io ho giurato fedeltà
alla Repubblica, anche se continuo a discutere il modo in cui è nata, i brogli
che segnarono il referendum e che anche la storiografia ha ormai accertato. Ma,
ripeto, a questa Repubblica ho giurato fedeltà e ho anche fatto il servizio
militare. D’altra parte, tanti dei Presidenti della Repubblica passati per il
Quirinale avevano giurato in giovinezza fedeltà al Re. Se vogliamo avventurarci
in questo discorso, rischiamo di continuare all’infinito».
A Napoli il leghista Salvini è stato respinto da
manifestanti con le bandiere borboniche. Che effetto le ha fatto?
«La funzione della monarchia è stata sempre quella di unire.
Stiamo diventando un melting pot, alle “vecchie” autonomie, comprese
quelle linguistiche, se ne stanno
aggiungendo tante altre. Pensi a tutti gli arabi che stanno prendendo la
cittadinanza italiana».
E cosa c’entra questo con la monarchia?
«In Belgio, ad esempio, hanno scelto democraticamente lo
Stato monarchico. Non perché ci fosse chissà quale sentimento ideale, ma perché
era l’unica garanzia di tenere insieme fiamminghi e valloni. D’altronde, il
sovrano è per antonomasia al di sopra delle parti».
In che senso?
«Il presidente della Repubblica viene da un partito, mentre
quando si regna non si ubbidisce a nessuna fazione. Inoltre, si è educati fin
da bambini al destino che si concretizzerà in futuro. Manca quel sentimento
negativo che è l’ambizione, anzi, a volte il fatto che da grandi bisognerà
regnare è vissuto come una condanna. E poi, ormai, la differenza tra un Re e il
Presidente della Repubblica è davvero poca. Entrambi quasi non hanno poteri. Se
si eccettua Napolitano, che negli ultimi tempi ha allargato il suo raggio
d’azione».
È un rimprovero?
«Assolutamente no, se lo ha fatto è solo perché l’emergenza
glielo ha imposto».
Si offende quando il Capo dello Stato viene chiamato «Re
Giorgio»?
«No, per carità. Semmai, conoscendo i suoi ideali, forse si
offende lui».
Per l’Unione Monarchica Italiana è lei l’unico possibile
pretendente al trono. In un angolo della sua mente conserva ancora la speranza
di essere, un giorno, il Re d’Italia?
«Non parlerei di speranza. Piuttosto, dati anche i tempi
difficili che viviamo, lo definirei un dovere. È molto difficile che avvenga,
ma non impossibile. Fino a qualche anno fa se in treno qualcuno parlava di
monarchia, le persone non ascoltavano nemmeno. Oggi, al di là di come la
pensino, per lo meno ascoltano».