Afghanistan : caduto un altro militare italiano
Dopo l’ultimo scontro a fuoco di ieri 25 luglio 2011, le forze armate italiane contano un altro morto (il caporal maggiore David Tobini di 28 anni) ed un ferito gravissimo al quale facciamo i nostri più cari auguri perché possa riprendersi rapidamente. Ma questo non è il bilancio completo. Questo mese infatti è stato duro in termine di perdite umane. Prima di Tobini, erano già morti il 2 luglio il caporal maggiore Gaetano Tuccillo, 29 anni, e il 12 luglio il caporal maggiore Roberto Marchini, di 28 anni.
C’è ancora chi crede che la nostra presenza in Afghanistan sia necessaria, …io non lo credo.
41 morti, possono sembrare pochi al confronto dei morti avuti da altre forze armate la impegnate su quel fronte, ma restano un grosso numero di morti, per una “missione di pace”, che in tanti anni di impegno, non è riuscita a cambiare di una virgola il tasso di sicurezza di quel territorio, …anzi, è il caso di affermare chiaramente che oggi, dopo anni di “lavoro” la regione è più instabile e pericolosa che mai, ed il rateo degli attentati, la loro pericolosità, intensità ed efficacia (in termini di perdite inflitte) lo dimostrano ampiamente.
Il Governo ha recentemente confermato la tempistica di un «graduale ritiro a partire dalla fine dell’anno, da completare entro la fine del 2014», quando degli attuali 4.200 militari - il numero più alto mai raggiunto - dovrebbe restare solo un piccolo contingente, con esclusivi compiti di addestramento delle forze di sicurezza locali. Vogliamo credere che tra meno di 18 mesi la sicurezza è quindi in nostro obiettivo sarà stato raggiunto ?
Crediamolo, ma occorre essere consapevoli che mano a mano che i nostri soldati saranno rimpiazzati dai “colleghi” autoctoni, addestrati in loco, aumenterà la possibilità di subire attentati e dolorose perdite ! Con questo non desidero fare il malaugurio ma semplicemente essere sincero.
I soldati regolari afgani ed i nostri soldati, così come quelli delle altre nazioni impegnate su quel teatro, non controllano nulla, ma presidiano semplicemente dei caposaldi, delle trincee, dei fortini. Fuori di questi, il padrone incontrastato è il panico ! Le strade ed i campi sono minati, i convogli vengono assaltati e il dubbio sulla lealtà dei soldati afgani è stato minato da bruttissimi episodi di inspiegabili atti di tradimento. Ogni operazione svolta fuori dalle basi, è un rischio mortale, è obbliga i genieri a lavorare sotto la protezione di corazzati e uomini armati posizionati in un raggio di sicurezza, con costi assolutamente spropositati ai risultati.
Vi sono filmati in internet, delle stesse forze armate nostre o di altre nazionalità che testimoniano questo. Guardando questi filmati però, occorre avere un minimo di pratica militare e di spirito critico di osservazione per rendersi conto di ciò.
Quando per intubare un ruscello che attraversa una strada in mezzo al nulla del deserto, si impiegano decine di uomini armati di tutto punto (direi impacciati nel pesante equipaggiamento da combattimento) due carri pionieri (dotati cioè di braccio meccanico a gru) scortati da due o più carri da battaglia e da un’altra decina di mezzi ruotati di ogni genere, bisognerebbe riconoscere il fallimento della missione, divenuta nel frattempo un Dogma !
I militari questo, l’anno già capito da tempo, ma il loro dovere impone che non possano contestare le consegne ricevute. A loro non resta che bere l’amaro calice, e magari “domani” qualcuno li accuserà pure di non aver fatto questo dovere, nel migliore dei modi ! Sta alla politica fare un passo indietro, chiedere scusa ai militari prima e alla Nazione poi, per l’errore di valutazione fatto. E dire che sull’Afghanistan non vi erano domande alle quali non avevamo dalla storia, anche recente risposte più che esaustive !
Ma come diceva Alberto Sordi in uno dei suoi celebri film, “finché che guerra c’è speranza” …la speranza di fare buoni affari soprattutto, come dimostrato ampiamente nel Dossier sulle spese militari nell’Araldo di luglio 2011. Le cifre finanziate semestralmente, per la gestione della missione ed il pagamento degli stipendi dei soldati, sono infatti una minima parte di quanto speso in questi anni per equipaggiare le truppe inviate colà, spese mai evidenziate, ma ingentissime, quantificabili ormai in miliardi di Euro !
E allora la vita dei nostri militari, non viene sacrificata per la pacificazione dell’area afgana o la costruzione della democrazia, ma serve agli ingenti affari che le commesse militari procurano.
Cerchiamo almeno di non essere ipocriti !
Alberto Conterio – 26.07.2011