Libia travolta, intelligence sconvolta
Per il dopo Gheddafi in Libia, riesumare il Re !
Il piano della Cia e degli 007 di Londra per riportare sul trono di Libia l'erede di Idris al-Senussi
di Gianni Cipriani - gianni.cipriani@globalist.it
03 marzo 2011
Il piano targato Cia e intelligence britannica, come tutti i progetti dei servizi segreti, dovrebbe essere super blindato. In realtà, proprio in questi giorni di guerra civile libica tra gli insorti della Cirenaica e delle altre città contro i lealisti di Gheddafi, alcuni segnali parlano assai chiaro: c'è un progetto avanzato a cui sta lavorando l'intelligence Usa e quella di Sua Maestà Britannica che ipotizza, per il dopo Gheddafi, il ritorno della monarchia. Una ipotesi a cui sta contribuendo, con un ruolo più marginale, anche l'Italia.
Scaricare Gheddafi ma salvare la Libia. Una soluzione che punta al raggiungimento di due obiettivi: evitare un vuoto di potere dopo l'eventuale cacciata del colonnello libico (che comunque è considerata certa, anche se non se ne possono prevedere al momento i tempi) che potrebbe portare ad una situazione di caos, ad una frammentazione del paese e rendere possibile una sorta di "irachenizzazione" o peggio "somalizzazione" di un paese la cui stabilità sta assai a cuore all'occidente - in primo luogo l'Europa - sia per questioni economiche ed energetiche che per la ben nota questione dell'immigrazione.
Dal Rais al Re, 40 anni dopo. Il secondo obiettivo del piano degli 007 anglo-americani è quello di riportare al potere una monarchia di sicura affidabilità occidentale, che si faccia garante di un graduale processo di democratizzazione. Da questo punto di vista il modello è la Giordania (ma con un tasso maggiore di democrazia rispetto ad Amman) dove al potere c'è re Abd Allah II, che è figlio di madre inglese, ha studiato in Inghilterra e negli Stati Uniti ed è stato perfino membro della Royal Military Academy Sandhurst, militando nell'esercito britannico con il grado di cadetto.
Monarca fumo di Londra. Cia e 007 vogliono mettere sul trono il principe Idris al-Senussi, a sua volta figlio del "principe nero" Sayyid Abdalla Abed Al Senussi, nipote del deposto re Idris, che aveva ricevuto dal nonno l'incarico di restaurare la "legittimità" in Libia il giorno in cui fosse stato cacciato Gheddafi. Idris-al Senussi, come è ben noto all'intelligence, non è solamente una figura rappresentativa, ma è da anni alla guida del movimento Sanussyyah (il movimento sanussiano) che ha come obiettivo una monarchia costituzionale e un governo democraticamente eletto.
Gli amici di Langley. I sanussiani, in tutti questi anni, hanno mantenuto strettissimi contatti con gruppi armati e di semplici oppositori politici sia dentro la Libia che all'estero. Inoltre alcuni libici in esilio hanno in questi anni ricevuto istruzione militare e finanziamenti direttamente dalla Cia nell'ipotesi (che oggi si sta manifestando) della fine di Gheddafi. Quindi Idris al-Senussi, per come è ipotizzato nel piano, non sarebbe un "fantoccio" imposto dall'occidente, ma un sovrano erede di una dinastia che legittimamente regnava e che, in questi anni, seppur dall'esilio ha mantenuto stretti contatti con settori importanti dell'establishment libico.
La notti romane. A questo si aggiunga che Idris al-Senussi non si presenterebbe come un nemico dell'occidente. Tutt'altro. Parla un italiano perfetto, ha vissuto a Roma dove ha mantenuto casa e amici (tra questi il duca d'Aosta) e gran parte della nobiltà romana e fiorentina. Ha lavorato per Eni, Condotte, Snaprogetti e Ansaldo: e' stato lui il mediatore di grandi affari come la costruzione del porto di Ras Laffan nel Qatar. Poi si è trasferito a Londra. Ultima notazione, tutt'altro che trascurabile in una prospettiva di intelligence, è che la seconda moglie, la spagnola Anna Maria Quinones de Leon, è una marchesa e questo garantisce un legame con re Juan Carlos. E la Spagna è un altro paese più che sensibile riguardo a ciò che accade nell'altra sponda del Mediterraneo.
La trattativa. Come è chiaro nel mondo dell'intelligence, un piano è un piano. Altra cosa è renderlo attuabile, perché è evidente che il dopo-Gheddafi fa gola a molti, sia all'interno che all'esterno della Libia. Dalle monarchie del Golfo che sperano di estendere la propria influenza ad altri settori dell'opposizione a Gheddafi, che puntano su un modello repubblicano. Quindi i giochi sono aperti. Anzi, apertissimi. Ma ci sono alcuni segnali che vanno in una direzione ben chiara, a cominciare dalla disponibilità di Idris al-Senussi che non più tardi di alcuni giorni fa, allo scoppio dei moti, si è dichiarato disposto a tornare. In secondo luogo non è secondario che gli insorti della Cirenaica sventolino la vecchia bandiera in uso con il re Idris (al Senussi tra l'altro è nato a Bengasi) che potrebbe diventare un elemento di unità nazionale che scongiuri il rischio di "somalizzazione" della Libia tra aree e tribù rivali.
Triangolare gli aiuti. In terzo luogo, allo stato attuale, gli insorti hanno chiaramente bisogno di riconoscimenti e aiuti internazionali per sconfiggere Gheddafi. Stando a quanto dicono gli analisi militari britannici mandati sul posto, allo stato attuale gli insorti non hanno alcuna possibilità di rovesciare militarmente il colonnello che ha armi, mercenari e denari sufficienti per finanziare la guerra. C'è bisogno di un intervento "esterno". Ed è questo, proprio in queste ore, oggetto di trattativa. Britannici, americani e italiani premono perché gli insorti, in cambio del riconoscimento, si dichiarino disponibili al ritorno della monarchia o quantomeno diano ad Idris al-Senussi un ruolo di rilievo. Il discorso è chiaro: non si ha nessuna voglia di aiutare rivoluzioni se queste, alla fine, aprono le porte ad una soluzione sfavorevole all'occidente.
La perfida Albione. In Iraq, dopo la guerra di Bush, è accaduto che i "nemici" iraniani abbiano esteso la loro area di influenza nel sud del paese e che gli Usa siano stati tagliati fuori dai principali affari petroliferi. Quindi ora la disponibilità ad aiutare gli insorti è subordinata alla pianificazione di un dopo-Gheddafi che non sia traumatico per Europa e Stati Uniti. Altri dettagli del piano/Senussi sono coperti, a protezione dei mediatori, che sono tanti, che stanno operando proprio in queste ore. Un segnale (che alla luce di questa storia diventa chiarissimo) emerge dalle parole del ministro degli esteri Frattini che ha parlato di contatti "discreti" con gli insorti e ha aggiunto: "I nostri amici inglesi ci hanno provato, il Consiglio ha detto ci rifiutiamo di incontrarli”.
L'ottava “sorella”. «Noi abbiamo delle conoscenze migliori di altri, siamo spesso richiesti in queste ore conoscendo coloro che sono lì. Conosciamo certo l'ex ministro della Giustizia libico ora a capo del consiglio di Bengasi, per i rapporti dell'Italia con la Libia. Conosciamo quella rete di ambasciatori libici che ha detto che da ora loro sono al servizio del popolo libico e non più del regime. Alcuni di loro stanno esercitando un'azione importante per coagulare un consenso». L'obiettivo principale è che il consenso di coaguli intorno al piano/Senussi. La partita è aperta. Ma questo è quello che, in queste ore, sta facendo l'intelligence anglo-americana. Con l'appoggio "discreto" dell'Italia.
Tratto da : Agenzia AMI